La complessità di un data center e relative applicazioni è ormai da tempo troppo elevata da poter essere gestita manualmente. Sia per avere riscontri immediati e continui sulle prestazioni lato utente sia per ottimizzare anche le fasi di sviluppo e distribuzione di un software, uno strumento di APM è ormai componente imprescindibile. Meno immediato è invece individuare la soluzione più adatta alla propria realtà.
In buona parte, questo dipende dalle singole strategie, esigenze e disponibilità di risorse. Alcuni principi però, utili a orientare la decisione finale, possono essere condivisi. Per inquadrare a dovere la portata dell’argomento, basti infatti pensare come per un sito di e-commerce un’interfaccia utente poco efficiente possa ridurre anche dell’11% il tasso di conversione.
Come punto di partenza si può sfruttare le più recenti linee guida Gartner sui requisiti principali per una soluzione di APM. Sono sostanzialmente tre, a partire da una fase in più passaggi di un’analisi delle applicazioni in uso, con relativo tracciamento e diagnostica. Affiancata da un monitoraggio lato utente e completata da eventuali strumenti di IA a supporto.
Tre pilastri per scegliere un APM
Un elenco estremamente sintetico, all’interno del quale però è possibile individuare diverse attività. In pratica, si tratta prima di tutto di capire se le applicazioni si comportino esattamente come ci si aspetta e secondo gli obiettivi per le quali sono state acquistate e installate. In questo caso, compito dell’APM è anche andare a caccia di qualsiasi problema o potenziale fonte.
Per quanto riguarda l’utente, è importante prima di tutto capire se tutti si trovino a proprio agio con l’applicazione. Se riescano a utilizzarla senza problemi e per svolgere le mansioni loro affidate, senza perdere tempo con imprevisti o passaggi poco comprensibili.
In un contesto del genere, il ruolo dell’intelligenza artificiale è infine quello di offrire strumenti in grado di automatizzare le operazioni, sia sul lato utente sia su quello delle analisi.
Prima ancora di andare alla ricerca di queste risposte, un buon punto di partenza è la disponibilità di una piattaforma di gestione centralizzata, dalla quale riuscire a controllare gestire tutti i software installati. Da sfruttare anche per le operazioni di aggiornamento.
Monitoraggio delle applicazioni: tre strade per tre situazioni
Dal punto di vista operativo, sono tre le opzioni da valutare. La scelta all’apparenza più pratica è quella di affidarsi a un’unica soluzione e un unico fornitore. Una suite di prodotti completa in grado di coprire tutte le esigenze attraverso un solo contratto.
In una fase iniziale, è sicuramente una soluzione attraente, soprattutto per chi muove i primi passi nel mondo APM e non può dedicare alla gestione un numero elevato di competenze. Ci sono però altri aspetti da tenere in considerazione.
Prima di tutto, il costo. Una suite completa deve prevedere per definizione tutte le funzioni necessarie. Con buona probabilità, una parte di queste non saranno utilizzate. Una situazione destinata a protrarsi anche nei successivi interventi di manutenzione, perché gli aggiornamenti riguardano sempre il prodotto completo. D’altra parte, per la stessa ragione, è più facile estendere il monitoraggio anche a elementi inizialmente esclusi, a condizione facciano parte del pacchetto acquistato.
C’è poi da considerare l’aspetto della formazione, sicuramente meno onerosa se effettuata su un unico strumento. Se inoltre si deve gestire un ambiente eterogeneo, possono essere rilevanti anche i vantaggi legati a una minore esigenza di integrare dati provenienti da moduli di analisi diversi.
All’estremo opposto c’è la soluzione totalmente modulare. Cioè, per ogni applicazione, o per ogni analisi, si va alla ricerca di un software dedicato. Presumibilmente, il più adatto a ogni situazione. I vantaggi sono diversi, a partire da costi iniziali ridotti e modulabili. Si può infatti scegliere di iniziare solo con alcune applicazioni da monitorare e aggiungere le altre quando si desidera. Inoltre, una spesa iniziale ridotta aiuta sicuramente a ottenere il consenso da un ufficio acquisti, con la possibilità di dimostrarne la validità e quindi estendere l’investimento gradualmente.
Nel tempo però, può manifestarsi il rovescio della medaglia. Un strategia del genere, può portare infatti a una serie di moduli di APM tra loro molto diversi, sempre più difficili da integrare al crescere di numero. Un altro rischio da non sottovalutare è come in cambio di una visone molto dettagliata sul singolo punto si rischi di non avere abbastanza controllo sulle interazioni tra i vari applicativi.
Inoltre, con la varietà di fornitori è importante valutare eventuali ripercussioni sulla sicurezza IT. Tanti moduli significa altrettanti agenti da far convivere, con tempi e modalità di aggiornamento distinti. Con in più potenziali ripercussioni anche a livello pratico nella gestione delle licenze e relativi contratti.
In situazioni del genere, viene scontato pensare a una via di mezzo. Nel caso di APM, una sorta di nucleo centrale con le funzioni di base, intorno al quale poter costruire una soluzione personalizzata aggiungendo moduli quando e dove necessario. Si ottiene così un ambiente operativo subito disponibile e a un costo ridotto, con prospettive di maggiore controllo nel tempo.
Il problema principale in questo caso riguarda i costi a lungo termine. Se la spesa iniziale può essere controllata, la progressiva aggiunta di moduli rischia di superare presto il costo per il pacchetto completo, anche in fase di manutenzione. Sul fronte societario c’è poi da valutare l’opportunità e la possibilità di proporre investimenti crescenti nel tempo, o se invece sia meglio cercare l’accordo per una spesa maggiore ma da concordare una volta sola.
In fase di decisione, prima ancora di orientarsi verso una strategia è importante cercare di allargare la propria visuale. Capire cioè come possano evolvere le esigenze della propria azienda, individuando le direzioni di crescita. Per esempio, se si prevede di effettuare una transizione al cloud, anche gli strumenti di APM andranno rivisti. Quindi, può essere utile iniziare con una serie di moduli dedicati, invece di effettuare un grosso investimento la cui durata non è certa.
Altrimenti, in caso non ci sia la disponibilità per investire su un prodotto unico e mantenerlo nel tempo, la via migliore è ritagliarsi una soluzione su misura. Mettendo in preventivo però, la necessità di studiare a dovere tutti i relativi modelli di prezzo, le condizioni contrattuali e i margini di trattativa.
Punto quest’ultimo sul quale vale la pena di insistere. La posta in gioco è infatti alta. Una volta scelto un modulo APM, difficilmente si cambierà e quindi gli spazi per contrattare non mancano. Analizzando con cura ogni dettaglio, vale a dire investimento iniziale, norme contrattuali, aggiornamenti e manutenzione, gli investimenti non tarderanno a ripagarsi in maggiore efficienza.