Professionisti e IA: le sfide del 2026

Contesto

Secondo KPMG, quasi la metà delle grandi aziende statunitensi con almeno 1 miliardo di dollari di fatturato prevede di investire almeno 100 milioni di dollari nel prossimo anno per implementare pienamente l’IA generativa in tutte le proprie attività.
Gartner, invece, stima che entro il 2027 oltre il 75% dei processi di assunzione richiederà ai candidati di dimostrare competenze nell’uso dell’IA sul posto di lavoro, incluse la capacità di sollecitare gli strumenti e integrare diverse tecnologie di IA nelle attività quotidiane.

La domanda

Queste statistiche ci riportano al presente: come devono agire le organizzazioni, individualmente e collettivamente, insieme ai professionisti di ogni settore, per affrontare questo cambiamento? Stiamo pianificando in modo efficace questa trasformazione?

La velocità del cambiamento tecnologico, alimentato dall’IA generativa e dagli agenti autonomi, costringe i leader a fare i conti con una realtà complessa: il successo futuro dipenderà dalla gestione del “paradosso delle competenze dell’IA”, che richiede di bilanciare capacità umane essenziali e utilizzo strategico dell’intelligenza artificiale.

Il paradosso delle competenze dell’IA

Secondo ChatGPT, il paradosso delle competenze dell’IA descrive una situazione in cui, man mano che l’IA diventa più potente, cresce la domanda di abilità esclusivamente umane (creatività, empatia, pensiero critico), mentre l’uso passivo dell’IA può erodere competenze cognitive di base (memoria, problem-solving), creando un divario tra chi sfrutta l’IA per crescere e chi diventa eccessivamente dipendente, rischiando di rimanere con “conoscenze obsolete”.

La sfida per le organizzazioni

Il vero compito non è solo tecnico, ma umano: capire come integrare strategicamente l’IA senza compromettere le capacità individuali, formando team capaci di bilanciare innovazione e competenze essenziali. Le aziende devono investire in competenze IA in modo olistico, migliorando produttività e resilienza cognitiva, senza sacrificare il giudizio e la creatività umana.

Attenzione alla linea sottile

Non sappiamo ancora cosa offriranno IA e calcolo quantistico nei prossimi cinque anni. L’eccessiva dipendenza dall’IA per compiti complessi — il cosiddetto “offloading cognitivo” — può erodere capacità critiche come la valutazione delle prove o la scomposizione dei problemi. Il caso del Consultation Report of 2025 di Deloitte, con errori e false citazioni, dimostra quanto sia reale questo rischio.

Gartner prevede che nel 2026 il 50% delle organizzazioni richiederà valutazioni delle competenze “senza IA” per garantire che il personale mantenga il vantaggio umano nel pensiero critico. La strategia delle aziende deve quindi salvaguardare il giudizio umano e promuovere formazione continua, in particolare per i giovani professionisti più esposti all’atrofia delle competenze.

Conclusione

L’era del semplice “adottare la tecnologia” è finita. Oggi serve una reinvenzione sistemica che bilanci competenze umane, intelligenza artificiale e governance. Una strategia efficace significa infondere IA nei processi mettendo l’essere umano al centro, non il contrario.