Custom Software Development – Hai mai progettato come Homer Simpson?

C’è un famoso episodio dei Simpson in cui Homer viene invitato a progettare un’auto.
Sì, proprio lui: un americano medio, senza alcuna esperienza, messo a capo del reparto design di una casa automobilistica solo perché “rappresenta la gente”. Gli danno carta bianca: nessun limite, nessun filtro.

Il risultato? Un disastro totale.
Nasce The Homer: un’auto assurda, costosissima e ridicola, che manda in bancarotta l’azienda pochi minuti dopo la presentazione.

Fa ridere, certo. Ma è anche una perfetta parabola di cosa succede quando si esclude il design dai processi decisionali.

Il falso mito dell’“ascoltare l’utente”

L’idea alla base dell’episodio è semplice: basta chiedere a un utente cosa vuole, e lui ce lo dirà.
Poi si costruisce esattamente ciò che ha chiesto, e il gioco è fatto.

Peccato che non funzioni così.
Le persone non sanno sempre cosa vogliono — o meglio, sanno cosa sentono di volere, ma spesso hanno bisogno di qualcuno che trasformi quell’intuizione in qualcosa di concreto, coerente, usabile.
In una parola: progettato.

Ed è qui che entra in gioco il design.

 

Design non è decorazione

Nel nostro settore capita spesso che il design venga considerato un tocco estetico da aggiungere alla fine.
Il classico: “Poi glielo facciamo sistemare dal designer”.
Come se fosse un intervento cosmetico, non una parte integrante del processo.

Ma se il designer non partecipa fin dall’inizio — se è escluso da obiettivi, vincoli e problemi reali — quello che ottieni non è un prodotto bello: è un prodotto sbagliato con una bella interfaccia.

 

 “The Homer”: un caos ben intenzionato

The Homer è la somma di desideri personali e intuizioni casuali: due cupole separate, moquette pelosa, clacson che suona La Cucaracha, un prezzo fuori mercato.
È l’incarnazione del “mettiamo dentro tutto quello che ci viene in mente”.
Nessuna gerarchia, nessuna analisi dei bisogni reali, nessun compromesso tra desiderabile, fattibile e sostenibile.
In sintesi: zero design.

 

Un copione troppo familiare

Il paradosso è che nell’episodio il team tecnico esiste. Ci sono ingegneri, progettisti, persone che cercano di avvertire Herb Powell (il fratellastro di Homer e CEO dell’azienda) che la direzione è folle.
Ma Herb insiste: Homer deve avere il controllo totale. E così, inevitabilmente, distrugge tutto.

Se lavori nel tech o nel design, questa scena suona familiare.
Quante volte capita che un cliente, un manager o un product owner imponga decisioni basate su “quello che piace” o su “quello che ha detto un amico”?

 

Il vero ruolo del design

Progettare non significa solo ascoltare.
Significa interpretare, tradurre, validare.
Significa sapere quando dire no.
E soprattutto, significa esserci prima che il prodotto esista — non dopo.

 

Una metafora sempre attuale

Quella di Homer non è solo una gag dei Simpson: è una metafora vivente di tanti progetti digitali.
Progetti nati con buone intenzioni ma senza un vero processo di design.
Scelte guidate dal “facciamo così perché il cliente lo vuole”, senza chiedersi se quel “così” abbia davvero senso per chi userà il prodotto.

Ecco perché quell’episodio, a distanza di anni, resta così attuale: racconta cosa succede quando il design non viene ascoltato.
Quando si crede che bastino una visione e un budget, e che il resto si aggiusterà da solo.

Spoiler: non succede.
E anche se il fallimento non è sempre spettacolare come in un cartone animato, il risultato è spesso lo stesso: tempo sprecato, utenti confusi, risorse buttate via.

LINK allo spezzone -> https://www.youtube.com/watch?v=WPc-VEqBPHI&t=1s